Lies, damned lies, and statistics
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) commenta così propri dati dell’ultimo periodo disponibile di trenta giorni:
«Il tasso di ospedalizzazione standardizzato per età, relativo alla popolazione di età ≥ 12 anni, nel periodo 20/05/2022-19/06/2022 per i non vaccinati (56 ricoveri per 100.000 ab.) risulta all’incirca due volte e mezzo più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da ≤120 giorni (22 ricoveri per 100.000 ab.) e oltre tre volte e mezzo più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (16 ricoveri per 100.000 ab.) (Tabella 5).»
Standardizzare per età ha veramente poco senso quando, come nel nostro caso, l’interazione tra età e stato vaccinale è chiaramente altissima (per i fans dell’uso improprio della significatività statistica, p per l’interazione età x stato vaccinale booster / no vaccino è <0,000001 ). L’interazione indica di quando varia il rapporto tra l’incidenza nei due stati vaccinali tra le diverse età. Chi ha fatto un corso anche elementare di statistica, come quello che per esempio si segue nel corso di laurea in Medicina, sa bene che, se c’è interazione, l’analisi finisce lì, perché non ha senso mettere nello stesso cesto ciliegie e meloni e poi calcolare il peso medio. Bisogna quindi dettagliare che per l’età 12-39 l’indice di ospedalizzazione è tra i non vaccinati è 2,6 volte rispetto a chi ha avuto il booster, per l’età 40-59 è 1,6 volte, per l’età 60-79 è 3,2 volte, e per l’età 80 o più è 4,8 volte. Tutti questi dati sono riportati nella tabella 5, ma interpretati malamente.
Abbiamo seguito esattamente lo stesso procedimento seguito da ISS per confrontare l’efficacia del booster contro quella del no-booster (cioè vaccinati da > 120 giorni che dovrebbero avere il booster).
Qui osserviamo che per l’età 12-39 l’indice di ospedalizzazione è tra i no-booster è 0,90 volte rispetto a chi ha avuto il booster (gli ospedalizzati con booster sono circa 11% in più), per l’età 40-59 è 0,97 volte (gli ospedalizzati con booster sono circa 3% in più), mentre per l’età 60-79 è 2,10 volte (appena sopra il limite della rilevanza clinica), e per l’età 80 o più è 1,18 volte (ben al di sotto del limite della rilevanza clinica). Tutti dati questi che non sono riportati direttamente nella tabella 5, ma si possono facilmente derivare.
La Peste, quindi, continua a ritenere che, se l’affermazione di ISS che la dose booster riduce le ospedalizzazioni di tre volte e mezzo rispetto al non vaccino, è vera, è per forza altrettanto vero che nei giovani da 12 a 59 anni la dose booster aumenta anche se di poco il rischio di essere ospedalizzati. Questa non è una fake news. È esattamente lo stesso procedimento che usa ISS per dire che i decessi senza vaccino sono sette volte di più che senza vaccino.
Non è un procedimento perfetto. È il meglio che possiamo fare. ISS potrebbe fare di più, ma probabilmente sa che il risultato non sarebbe molto diverso, come si è visto con lo studio sui bambini che hanno pubblicato su Lancet.
ISS continua con:
«Il tasso di mortalità standardizzato per età, relativo alla popolazione di età ≥ 12 anni, nel periodo 13/05/2022-12/06/2022, per i non vaccinati (11 decessi per 100.000 ab.) risulta circa sei volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da ≤ 120 giorni (2 decessi per 100.000 ab.) e circa sette più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (2 decessi per 100.000 ab.) (Tabella 5).»
Anche qui sarebbe più onesto dividere per età. Quel” sette volte più alto” certamente non si riferisce ai giovani tra 12-e 39 anni che hanno avuto in tutto un decesso tra i non vaccinati, uno tra i vaccinati da <120 giorni e tre tra i soggetti con booster. Questi numeri, con tutto il rispetto per l’argomento, sono aneddoti, non statistiche. Lo stesso nella fascia di età 40-59 anni dove i decessi sono 34 su circa 18 milioni di soggetti. Nella fascia di età 60-79 anni i decessi sono stati 4,4 volte più altri tra i non vaccinati rispetto ai soggetti con booster e nella fascia 80 o più 8,5 volte di più. Quel sette volte non significa nulla, serve solo ai giornalisti gamma per fare titoli.
Nel confronto tra booster e no-booster, a parte i < 60 anni che abbiamo visto hanno numeri minuscoli, vediamo che il vantaggio del booster c’è ed è rilevante per la fascia 60-79 anni, mentre per i soggetti di 80 anni e più è al di sotto della soglia di rilevanza clinica.
Nella figura si trovano altri dati e gli andamenti nel tempo.
Ricordo che un’efficacia inferiore a 50% (rapporto tra le incidenze <2,0) non è considerata rilevante dal punto di vista clinico.
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