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Burioni esperto in ricerca clinica.

 Burioni esperto in ricerca clinica.


Cercando tra I miei vecchi post su FB ho trovato questa chicca, che ripropongo:

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=118364153155984&id=111172767208456

Per chi non avesse FaceBook il link è questo.

https://www.youtube.com/watch?v=pRsTGy64H6k

Burioni con un uso dei congiuntivi un po’ traballante (… immaginiamo che ha …) ci spiega come (non)  si fa la ricerca clinica sui vaccini e su come si dovrebbe fare (meglio di no, grazie).
🤣🤣🤣

Nota bene: Questo video è del 13 aprile 2020, Pfizer avrebbe arruolato il primo soggetto 11 giorni dopo. Mentre le linee guida di FDA che descrivono in grande dettaglio i requisiti di uno studio finalizzato all’approvazione del vaccino COVID-19 risalgono al giugno 2020.

Burioni non se ne cura e evidentemente non è al corrente di quello che succede nel mondo, ma sentenzia.

Parte con una fantasiosa ipotesi sul numero di soggetti necessari per dimostrare l’efficacia.

Dice servono 2.000 soggetti, 1.000 vaccinati e 1.000 con placebo.

Senza entrare nei dettagli in ognuno degli studi che hanno consentito l’approvazione (emergenziale o condizionata) i soggetti arruolati sono stati 20 volte tanti. Evidentemente Burioni non ha idea di errori di tipo 1 e di tipo 2 (falsi positivi, falsi negativi),  rilevanza clinica della differenza da dimostrare, e, soprattutto, non tiene conto che di un farmaco nuovo bisogna studiare non solo l’efficacia, ma anche la sicurezza (sotto questo aspetto anche gli studi Pfizer, Moderna, ecc. erano carenti). Tutte cose di cui i non specialisti giustamente non sanno, ma Burioni è salito in cattedra e sta spiegando al mondo come si deve fare.

Per capire meglio la complessità dell’argomento, qui il testo del protocollo di Pfizer:
«For Phase 2/3, with assumptions of a true VE of 60% after the second dose of investigational product, a total of approximately 164 first confirmed COVID-19 illness cases will provide 90% power to conclude true VE >30% with high probability, allowing early stopping for efficacy at the IA. This would be achieved with 17,600 evaluable participants per group or 21,999 vaccine recipients randomized in a 1:1 ratio with placebo, for a total sample size of 43,998, based on the assumption of a 1.3% illness rate per year in the placebo group, accrual of 164 first primary-endpoint cases within 6 months, and 20% of the participants being nonevaluable.»

Burioni poi va avanti con l’idea geniale. Invece di usare soggetti sani (2.000 sono tanti, troppi), usiamo 50 volontari che infettiamo artificialmente dopo avere somministrato vaccino o placebo a caso (25+25). Prescindiamo dai problemi etici praticamente insormontabili al giorno d’oggi. Uno studio siffatto sarebbe al massimo quello che si dice Proof of Concept (prova preliminare che il farmaco potrebbe funzionare):
1. Soggetti sani, quindi non corrispondenti alla plate di miliardi che riceveranno il vaccino

2. Praticamente nessuna informazione sulla sicurezza; con 25 soggetti trattati non si vedrebbero neanche i più frequenti tra gli effetti collaterali per non parlare di quelli con incidenza 1 su 100.000 che oggi giustamente ci preoccupano.
3. Numerosità comunque bassa per dimostrare l’efficacia. Assumendo che tutti i soggetti restassero nello studio e un insorgere di malattia sintomatica in 50% degli infettati avrebbe dimostrato un efficacia del 77%, molto, molto ottimista.

4. Fatto questo studio secondo Burioni si sarebbero potuti cominciare a vaccinare anziani, fragili, donne gravide, ecc a milioni? FDA ed EMA sono state di manica insolitamente larga prima con Pfizer e con Moderna, e Janssen, ma, seguendo il consiglio di Burioni, la ricerca clinica, che in questo periodo di passi indietro ne ha fatti parecchi, sarebbe tornata ai tempi di James Lind (geniale per l’epoca) che nel 1753 pubblicò il primo vero esperimento clinico.


Burioni e la teoria di Dunning & Kruger.

Cercando tra I miei vecchi post su FB ho trovato questa chicca, che ripropongo:

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=118364153155984&id=111172767208456

Per chi non avesse FaceBook il link è questo.

https://www.youtube.com/watch?v=pRsTGy64H6k

Burioni con un uso dei congiuntivi un po’ traballante (… immaginiamo che ha …) ci spiega come (non)  si fa la ricerca clinica sui vaccini e su come si dovrebbe fare (meglio di no, grazie).
🤣🤣🤣

Nota bene: Questo video è del 13 aprile 2020, Pfizer avrebbe arruolato il primo soggetto 11 giorni dopo. Mentre le linee guida di FDA che descrivono in grande dettaglio i requisiti di uno studio finalizzato all’approvazione del vaccino COVID-19 risalgono al giugno 2020.

Burioni non se ne cura e evidentemente non è al corrente di quello che succede nel mondo, ma sentenzia.

Parte con una fantasiosa ipotesi sul numero di soggetti necessari per dimostrare l’efficacia.

Dice 2.000 soggetti, 1.000 vaccinati e 1.000 con placebo.

Senza entrare nei dettagli in ognuno degli studi che hanno consentito l’approvazione (emergenziale o condizionata) i soggetti arruolati sono stati 20 volte tanti. Evidentemente Burioni non ha idea di errori di tipo 1 e di tipo 2 (falsi positivi, falsi negativi),  rilevanza clinica della differenza da dimostrare, e, soprattutto, non tiene conto che di un farmaco nuovo bisogna studiare non solo l’efficacia, ma anche la sicurezza (sotto questo aspetto anche gli studi Pfizer, Moderna, ecc. erano carenti). Tutte cose di cui i non specialisti giustamente non sanno, ma Burioni è salito in cattedra e sta spiegando al mondo come si deve fare.

Per capire meglio la complessità dell’argomento, qui il testo del protocollo di Pfizer:
«For Phase 2/3, with assumptions of a true VE of 60% after the second dose of investigational product, a total of approximately 164 first confirmed COVID-19 illness cases will provide 90% power to conclude true VE >30% with high probability, allowing early stopping for efficacy at the IA. This would be achieved with 17,600 evaluable participants per group or 21,999 vaccine recipients randomized in a 1:1 ratio with placebo, for a total sample size of 43,998, based on the assumption of a 1.3% illness rate per year in the placebo group, accrual of 164 first primary-endpoint cases within 6 months, and 20% of the participants being nonevaluable.»

Burioni poi va avanti con l’idea geniale. Invece di usare soggetti sani (2.000 sono tanti, troppi), usiamo 50 volontari che infettiamo artificialmente dopo avere somministrato vaccino o placebo a caso (25+25). Prescindiamo dai problemi etici praticamente insormontabili al giorno d’oggi. Uno studio siffatto sarebbe al massimo quello che si dice Proof of Concept (prova preliminare che il farmaco potrebbe funzionare):
1. Usa soggetti sani, quindi non corrispondenti alla platea di miliardi che riceveranno il vaccino

2. Praticamente nessuna informazione sulla sicurezza; con 25 soggetti trattati non si vedrebbero neanche i più frequenti tra gli effetti collaterali per non parlare di quelli con incidenza 1 su 100.000 che oggi giustamente ci preoccupano.

3. Numerosità comunque bassa per dimostrare l’efficacia. Assumendo che tutti i soggetti restassero nello studio e un insorgere di malattia sintomatica in (esgeriamo) 50% degli infettati avrebbe dimostrato un efficacia del 77%, molto, molto ottimista.

4. Fatto questo studio secondo Burioni si sarebbero potuti cominciare a vaccinare anziani, fragili, donne gravide, ecc a milioni? FDA ed EMA sono state di manica insolitamente larga con Pfizer, Moderna, e Janssen, ma, seguendo il consiglio di Burioni, la ricerca clinica, che in questo periodo di passi indietro ne ha fatti parecchi, sarebbe tornata ai tempi di James Lind (geniale per l’epoca) che nel 1753 pubblicò il primo vero esperimento clinico.


La teoria di Dunning & Kruger.


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